Rex Peetchaw - silla Ferradini

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Rex Peetchaw

Dalla parola alla materia
Rex Peetchaw
Presentazione della mostra alla Galleria “Il mercante” a Milano, 1982

I 15 Personaggi della leggenda del pianeta Son. Una critica, diciamo tradizionale, in senso di agganci culturali,
presupposti, scuole, accademie, con influenze di maestri, autori, correnti, ecc., su questo autore non è possibile in quanto non viene dalla scultura e probabilmente non va verso la scultura intesa in un certo senso di
tradizione. Si potrebbe dire che forse viene dalla letteratura in quanto ha iniziato come scrittore pubblicando un romanzo autobiografico i cui contenuti sono i grandi temi della contestazione degli anni sessanta. Ma nemmeno gli scrittori di quella generazione erano scrittori in senso di tradizione. Era una gioventù incolta, impreparata, insofferente, incoerente. Eppure molti di essi scrissero pagine di una poesia e di una forza espressiva inimmaginabili. Ma, sempre in senso di tradizione, non erano «scrittori››: la quasi totalità di essi, infatti, scrisse una cosa, una sola cosa e la buttò lì, poi non scrisse più niente. Qualcuno, tuttavia, doveva continuare a parlare, magari cambiando linguaggio, magari non per ricerca o evoluzione (che a volte può anche essere una possibilità da intelletuali alla moda), ma semplicemente come cambio di «mestiere››. «Che differenza fa - dirà Silla più tardi - scrivere o scolpire è la stessa cosa››. E allora ecco che nelle prime sculture di acciaio tornano gli stessi temi del romanzo. l temi della generazione che crebbe e si rivelò negli anni sessanta. Ecco perché Parte di questa gente (dico gente, ora, e non generazione perché altri della loro stessa età continuavano a produrre arte tradizionale, magari inventando la body art ed evirandosi in pubblico, ma pur sempre arte tradizionale) fu inevitabilmente, spontaneamente arte non tradizionale. Perciò Silla ci racconta delle storie con uma tecnica pittorica da bambini, fa dei semplici omini in ferro appena abbozzati, dove quello che conta non è tanto la forma dell'uomo, ma la situazione che sta vivendo, e li inserisce in composizioni e in paesaggi a mò di fiaba, quasi un presepe, «il presepe dell'ultima generazione», sono ancora parole di Silla, «la generazione della Bomba di Gregory Corso››.
E infatti sono presepi dove «gli omini di Silla» si trascinano su per scalinate che non vengono da nessuna parte e non vanno da nessuna parte, si portano alle labbra un joint, si fermano a guardare dove non c'è niente da
vedere (vedi il «monumento agli idioti›› del 1973).
Siamo ora alla sua prima personale e scrivendo la presentazione del catalogo della mostra Silla chiarisce molto bene quello che è in definitiva il suo problema di uomo (non di artista) nei confronti dell' esistenza. Ossia, negazione della scultura come scultura in sé, negazione della letteratura come letteratura in sé, in definitiva negazione di un mezzo espressivo, diciamo, artistico, ma ricerca, dapprima attraverso il mezzo espressivo e dopo con la sola ed illimitata fantasia non «creativa›› ma «spontanea›› di una forma di vita dove la vita è arte e l'arte è la vita stessa. Facciamo parlare lui...«allora verranno le altre forme, e allora veramente la scultura, la pittura, la poesia, la musica potranno partire per le stelle, costruiremo raggi d'immaginazíone sui monti venusianí, si potranno abbandonare veramente macchine da scrivere, pennelli, scalpelli perché non serviranno più, saranno veramente il gesto, il pensiero, il modo di muoversi, di vivere dell'uomo ad essere opera d'arte››
Ma la realtà è ancora un' altra, ci sono dei passaggi obbligati, si può arrivare ad una cosa in un attimo o in mille anni, e quindi ci sono ancora la macchina da scrivere, il pennello, lo scalpello, ecc.
Arriviamo al '74, nove mostre fra collettive e personali e collaborazioni a scenografie teatrali e cinematografiche. Poi c'è una fermata, una crisi, «noie al differenziale» dice lui. Si accorge che i presepi sono chiusi «dalle nove del mattino alle nove di sera», sono sempre parole sue, e che «si possono visitare solo di sera, riempiti dal solito film o svuotati dalla solita cena››. Sono diventati muffe del passato, la retorica, il banale. Si accorge che le scene dei suoi presepi le raccontano i giomali, se ne parla alle tavole rotonde della televisione, ma certo, è storia banale ormai e allora la storia si ferma, si ferma anche Silla, non lavora, non pensa, sta lì a pulsare come
un animale senza mente, solo il corpo si muove e gli occhi girano altrove. Nascerà da tutto ciò,un anno dopo, la «sua» scultura nella pietra. Lasciamo di nuovo parlare lui. “....Poi la temperatura diminuisce, ma non è vero, è uno strano falso tipo di gelo quello che sembra essersi creato, quel particolare tipo di gelo dove la temperatura è anche più torrida di prima, ma non si suda più, non c'è più emozione, ma nemmeno questo è vero, subentra una cosa che forse può essere commozione, ma nemmeno questo è vero fino in fondo, è la consapevolezza di una battaglia persa che però non si può smettere di combattere, e nemmeno questo è vero, ancora una volta le parole falliscono, non si tratta di combattere, si tratta di non tacere mai, anche quando non si crede più ai discorsi, c'è la necessità di continuare a muoversi, magari su piani diversi, più lontani, ma non per questo lontani dalla realtà. Allora l'intelligenza si fa più acuta, più critica, più insofferente, gli abiti mentali cadono, cadono anche gli altri abiti, resta l'uorno nudo, quello che si accorge che non è più il tempo di scherzare.
C'è un nuovo tipo di impegno, ora, un impegno più serio con se stessi, il non impegno in senso di pensiero, e allora la cultura, l'intelligenza, la fantasia, la sensibilità, l'abilità dell'artigiano scompaiono perché subentra un solo nuovo spontaneo gesto, Il rito del lavoro, un trip, e abbandonano l'uomo nel suo caos e si soffermano a riscoprire ancora una volta l'uomo. Gli uomini si stanno sciogliendo nelle situazioni di tutti i giomi che ormai non mi interessano più, se ne occupa il Corriere della Sera, e dai loro resti fumosi appare l'uomo col suo corpo solo, coi suoi segni e coi suoi simboli scritti sulla sua pelle, incisi nei suoi occhi, sepolti nella sua carne ...allora li guardo riverente e mi accorgo di quanto siano indecifrabili, di quanto stiano in profondità. Bisognerà scavare e ancora scavare e ancora scavare sempre più sotto come si fa non si fa niente di trascendentale, è facile, si fa così. Lo scalpello corre sulla pelle umana , toglie le scorie, i discorsi, gli atteggiamenti. La pietra antica zampilla nell' aria e i frammenti cadono ancora una volta sulla terra, sono i negativi della scultura madre che sta sotto, sono le altre sculture volute da Dio, sono quelle che non guarderà nessuno, non entreranno in nessuna galleria, non andranno su nessun catalogo. Resteranno lì per terra, a ricordare i colpi, i tagli, i sommessi dialoghi del mazzuolo e dello scalpello con una forma di verità che lentamente tenta di affiorare ...››.Avrebbe potuto essere l'inizio di una carriera «seria››.
Basta omini o pupazzi che dir si voglia appiccicati alastre di ferro, magari anche decorative. Ora si parlava di scultura in marmo, la tradizione, la “vera scultura “... Avrebbe potuto andare all'accademia a fare che a imparare ma lì non lo sanno, a imparare come si scolpisce il marmo? perché è questo che ora lui vuole fare «ma lì non sanno nemmeno questo. E infatti non ha la minima perplessità, raccoglie due cose e va a Carrara a
lavorare con gli scalpellini. Lavora negli studi, respira l'aria delle cave, dorme in un furgone e per mangiare ci sono i panini del Ponsacchino. La storia va avanti fino a tutto il '77, non ci sono abbandonati né macchine da scrivere, né pennelli, scalpelli, ecc. Tutto come prima, continua a «cercare›› nelle pietre, “in qualche pezzo di montagna, da qualche parte ci deve essere qualc'uno”. Va avanti anche la vita, quella di sempre, il mestiere, otto personali e otto collettive in tre anni, poi con l'ultima personale di nuovo fermo. Silenzio per cinque anni, vuoto. Ma gli artisti non possono fermarsi, si fermano solo quando muoiono, la macchina gira anche da sola, magari al minimo, ma gira.
Poi un giorno riesplode a tutto volume e infatti ecco questa mostra improvvisa. Una mattina uno si alza, apre il gionale e legge «Silla Ferradini presenta alla galleria il Mercante i 15 personaggi della leggenda del pianeta Son ...! Si tratta di 15 sculture in marmo, 15 personaggi rielaborati da alcuni suoi temi ricorrenti e a loro volta rielaborabili. Ma perché una leggenda? E cos'è il pianeta Son? ..staremo a vedere .


 
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